Varietà di Caffè ( parte 1°)

Specie, varietà e cultivar: che cosa significano?

Nonostante il caffè ci sia così familiare e la sua diffusione sia tanto estesa nel mondo da accomunare gran parte della popolazione mondiale, il suo consumo è entrato nelle nostre abitudini solo in tempi recenti. Ancora più recenti sono le ricerche scientifiche che ne indagano le proprietà genetiche e la loro influenza sulla tazza finale.
Non si tratta di un puro esercizio di tassonomia da genetista incallito: conoscere le varietà di caffè è importante da qualsiasi prospettiva si voglia inquadrare la faccenda. Per chi produce sarà fondamentale una varietà che sia produttiva e resistente, mentre per il consumatore, dal momento che il caffè non è una necessità primaria, sarà importante la soddisfazione del palato (possibilmente senza prosciugarne il portafoglio).
All’interno del genere Coffea (nome scientifico della pianta di caffè), esistono numerose specie, ma solo alcune di queste hanno un’importanza commerciale rilevante proprio perché possiedono le caratteristiche (se non tutte almeno qualcuna) citate sopra.
La specie Arabica (Coffea arabica) è stata la prima ad essere scoperta dall’uomo in Etiopia e a sbarcare attraverso il porto di Moka nella penisola da cui prende il nome. Questa si distingue per complessità aromatica e dolcezza, al tempo stesso però risulta molto delicata e suscettibile alle malattie.
La specie Robusta (Coffea canephora) invece, nonostante presenti un profilo in tazza più amaro e astringente, è molto produttiva e resiste anche a temperature più elevate (da qui il nome Robusta). Di conseguenza, in termini produttivi, questa specie risulta molto utile nelle zone in cui le condizioni ambientali non permettono di coltivare l’Arabica.
Altre specie come la Liberica e la Excelsa, invece, non spiccano per nessuna delle caratteristiche citate e non sono perciò molto diffuse.


LE VARIETÀ CONTANO…

Le piante della specie Arabica hanno una complessità che risiede anche nello sviluppo di numerose varietà. Vediamo come si sono sviluppate e come queste incidano a livello organolettico, partendo dalla genesi della pianta.
Nella culla etiope due specie ancestrali, la C. canephora e la C. eugeniodes, diedero vita per ibridazione spontanea all’Arabica. Questo fenomeno è avvenuto una unica volta nella storia biologica del caffè, presumibilmente circa mezzo milione di anni fa.
Due sono le principali varietà da cui hanno preso vita -attraverso mutazioni naturali e selettocoltura- la maggior parte delle piante che vengono attualmente usate in tutto il mondo per la produzione di caffè: la Bourbon, arrivata in Sudamerica dall’isola di Réunion, e la varietà Typica che comprende tutte le varietà che hanno raggiunto il Brasile per strade diverse.
Tutte le piante di caffè verranno dunque distinte per varietà, nel caso di muatazioni spontanee e naturali, o in cultivar -contrazione di culti(vated) var(iety)- quando queste sono opera dell’uomo.
Per alcuni prodotti è ormai diventata quasi di prassi la scelta tra diverse varietà: ad esempio nel vino non solo andremo a distinguere tra “rosso” e “bianco”, ma sceglieremo il vitigno che meglio si accompagna al pasto. Così al supermercato andremo a scegliere una mela più carnosa e compatta per preparare una crostata.
Nel caffè invece questo non succede. Nessuno guarda al sacchetto di caffè pensando: «Questo Bourbon del Ruanda sarà perfetto per accompagnare il mio strudel di ricotta per la dolcezza e l’aroma fruttato».

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… MA NON TROPPO

Questo è sicuramente dovuto a una cultura ancora in fase di sviluppo nel mondo complesso che gira intorno alla tazza di caffè. C’è anche da dire che nel caffè la varietà botanica è solo uno degli elementi (e nemmeno forse il più importante) che contribuisce a creare il bouquet aromatico in tazza.
Il processo di lavorazione che porta al chicco di caffè è infatti lungo e complesso. Anzitutto bisogna comprendere che dalla pianta noi ricaviamo il seme e non utilizziamo la polpa come avviene per gran parte della frutta. Di conseguenza la varietà botanica incide molto meno sul gusto finale.
Molto dipende da altri fattori come l’altitudine, la temperatura, la distanza dall’equatore, il suolo e il microclima, in sintesi dal terroir. Un altro fattore fondamentale è il metodo di lavorazione, ovvero come si ricava il seme dal frutto.
In generale si può dire che i produttori sono interessati soprattutto a ottenere una maggiore resa per ettaro per avere più prodotto da vendere, mentre i consumatori sono più interessati a sorseggiare un buon caffè e, siccome la domanda del mercato è determinata dalla richiesta del consumatore, va da sé che il produttore cerchi di ottenere il giusto bilanciamento tra quantità prodotta e qualità in tazza.
I fenomeni meteorologici in atto fanno sì che i Paesi produttori si trovino sempre più spesso in situazioni di crisi produttive causate da malattie, siccità e insetti infestanti le piante.
Per questo negli ultimi decenni il fattore umano può essere pensato come una possibile chiave di volta della situazione.
 

IBRIDI E NUOVI CULTIVAR


Le nuove combinazioni e interazioni tra geni già noti hanno come finalità l’individuazione di piante con particolari caratteristiche gustative che possano garantire allo stesso tempo produttività e resistenza ai parassiti. Così facendo tutti potranno essere contenti: i produttori per degli introiti stabili e costanti, e i consumatori per la qualità in tazza sempre più pregiata.
Il cambiamento climatico in atto potrebbe però portare ad una flessione importante nella produzione di Arabica che cresce normalmente ad altitudini maggiori ed è meno resistente ai parassiti (che proliferano in climi più caldi).
Senza l’intervento dell’uomo saremo dunque destinati a bere solo caffè Robusta?
Forse no. La sfida negli ultimi decenni si è infatti spostata verso la ricerca di cultivar che possano avere una buona qualità in tazza e allo stesso tempo un’ottima resa in termini produttivi.
Dall’altro lato, l’ibridazione tra le due specie principali Arabica e Robusta sembra un’altra soluzione che potrebbe garantire raccolti costanti, pur conservando qualità in tazza.
Importanti passi avanti in questo senso sono stati fatti grazie al lavoro condotto dalla World Coffee Reasearch con la creazione del primo Sensory Lexicon
Vedremo dunque nella seconda parte dell’articolo le differenze che esistono tra le principali varietà di caffè e gli sviluppi che può riservarci il futuro.

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