
LE PRINCIPALI VARIETÀ
L’Etiopia è una sorta di “Disneyland” per i botanici di tutto il mondo e gli appassionati di caffè: è un melting pot di diverse varietà selvatiche (chiamate con il nome generico di Heirloom), molte delle quali nemmeno esistono al di fuori dei confini di questo Paese.
Proprio qui ha avuto origine la pianta del caffè che poi si è diffusa nel mondo arabo prima di arrivare in Europa e negli Stati Uniti. Il termine “caffè” infatti si dice derivi dalla regione di Kaffa in Etiopia, dove furono scoperte le prime piante, e dalla parola araba qahwa, che in origine identificava una bevanda estratta dal succo di alcuni semi, spesso tradotta col termine “vino”, di un colore rosso scuro.

TYPICA
Dall’Etiopia, nella provincia di Kaffa, la pianta raggiunge l’attuale Yemen – casa del famoso pastorello Kaldi e delle sue euforiche caprette – dove viene coltivata ed esportata attraverso il porto di Mocha (da cui per altro prende nome la qualità di caffè Moka, coltivata soprattutto in Arabia).
A partire dal 1616 la Compagnia delle Indie Orientali fiutò il potenziale di questi semi tostati e fece il suo primo acquisto di caffè portandolo a Batavia (attuale Giacarta). Dall’isola di Giava la Typica venne introdotta in Europa come omaggio al Re Luigi XIV di Francia e impiantata nella serra francese. Questa pianta originale, conosciuta ancora adesso con il nome di Noble Tree, può essere considerata la genitrice della maggior parte delle piante esistenti oggi e della cultura del caffè come status symbol. Dalla Francia venne portata fino all’Oceano Indiano nell’isola di Réunion (una volta chiamata Bourbon) e nell’isola caraibica di Martinica.
Con il termine Typica si definisce questa qualità di caffè ordinaria, la prima varietà di Arabica riconosciuta e coltivata in tutto il mondo. Le foglie nuove si distinguono per il loro tipico color bronzo, mentre quelle adulte sono arricciate ai lati e hanno la punta allungata.
È il tipico caffè che sa proprio di… caffè!
MARAGOGYPE
La Maragogype o Maragojipe è la versione ciclopica della Typica, di cui è una mutazione nata casualmente in Brasile. L’albero è di dimensioni maggiori e produce chicchi di caffè più grandi che vengono venduti separatamente proprio per questa loro particolarità, mentre il gusto in tazza rimane quello della Typica. La Maragogype è l’unica altra sottovarietà riconosciuta all’interno della famiglia Typica che ha subito una mutazione naturale.
Molte piante di Typica prendono il nome tradizionale del posto in cui vengono coltivate e possono effettivamente variare sul profilo aromatico per la peculiarità del luogo, del clima, del suolo e dei metodi di lavorazione usati. Rientrano tra questi il rinomato Jamaica Blue Mountain e il Kona delle Hawaii, che prendono appunto alcune proprietà distintive dal luogo in cui sono coltivati.

BOURBON
La discendente della Noble Tree piantata nell’isola della Réunion (Bourbon) per qualche ragione subì una profonda mutazione dando origine ad una varietà dell’Arabica a sé stante: la Bourbon è oggi la famiglia più comune dopo la Typica.
Le foglie appena nate presentano un caratteristico color verde brillante, la pianta è più cespugliosa e produttiva: divenne per questi motivi molto popolare, soprattutto nel XIX secolo. Dall’isola Réunion venne portata in altre parti del mondo: in Brasile, in America Centrale, in Guatemala e fino a El Salvador.
Appartenente alla varietà Bourbon sono la Pacas di El Salvador e la French Mission: quest’ultima fu portata dai francesi dall’isola della Réunion fino all’Africa orientale e può essere considerata la genitrice della maggior parte dei caffè Bourbon nel continente. Un’altra peculiarità di questa varietà è il colore giallo o arancione delle drupe mature, oltre al tradizionale rosso.
CATURRA
Scoperta in epoca relativamente recente (1935) proprio nei pressi della città brasiliana di Caturra, questa varietà deriva dalla Bourbon. Si ritiene che sia avvenuta una mutazione del gene che regola l’altezza della pianta, che presenta per questo dimensioni ridotte, risultando così facile da coltivare.
La Caturra è anche altamente produttiva e in tazza è molto dolce e corposa; per questi motivi la sua coltivazione divenne comune nell’America Latina ed è oggi una delle varietà più diffuse al mondo.
CATIMOR
Nel 1940 nell’isola di Timor in Indonesia accadde una cosa molto particolare e che raramente si vede in natura: l’incrocio di due specie, l’Arabica Typica e la Robusta che diedero vita al cosiddetto Ibrido di Timor. La resistenza alle malattie tipica della Robusta e le caratteristiche gustative tipiche dell’Arabica, fecero sì che questo ibrido cominciasse ad essere ampiamente coltivato in tutto il mondo, specie in Indonesia dove la ruggine del caffè (Coffee Rust) si diffuse molto rapidamente. A questo avvenimento è corrisposto il generale declino della qualità del caffè, di cui abbiamo visto gli effetti nei decenni successivi.
In epoca più recente l’Ibrido di Timor venne incrociato con la produttività del Caturra, dando vita alla varietà Catimor, resistente alle malattie e per questo largamente coltivata nel mondo negli anni Cinquanta e Sessanta. Il problema di entrambi questi ibridi rimaneva la scarsa complessità in tazza dovuta ai geni della Robusta da cui derivava. Da qui però sono partite le ricerche che hanno portato alle varietà Colombia, Castillo, Obata e Lempira, molto diffuse in Centro e Sud America.

SL 28
A seguito della nascita dell’Ibrido di Timor vennero sperimentati nuovi incroci tra piante diverse, dando vita a nuove varietà e cultivar: la Mondo Nuovo (derivante dalla Typica e dalla Bourbon) e il Catuai in Brasile (un incrocio tra Mondo Nuovo e Caturra), la Pacamara a El Salvador come incrocio tra la varietà Pacas (sottovarietà di Bourbon) e la Maragogype.
Nell’Africa Orientale, invece, nel 1930 il governo del Kenia cercò di favorire lo sviluppo di nuove varietà botaniche per rendere più efficiente la produzione di caffè. Per fare questo arruolò un gruppo di agronomi e ricercatori, la Scott Laboratories, che nei decenni successivi sviluppò più di quaranta varietà botaniche, tra cui la SL 28, una pianta particolarmente resistente alla siccità e oggi conosciuta per il suo flavour unico di ribes nero e mirtilli.
Negli anni Cinquanta e Sessanta questi incroci creati di proposito rientravano nella cosiddetta Green revolution e avevano come finalità lo sviluppo di piante più resistenti alle malattie. Solo in epoca più recente si è considerata anche l’importanza del profilo in tazza.

GESHA
La storia del caffè può concludersi con la varietà Gesha, che ha saputo ravvivare il XXI secolo. Qui i due estremi del nostro percorso si ricongiungono perché questa qualità proviene proprio dall’omonima città etiope da cui è stata prelevata e portata a Panama, dove ha conosciuto grande fortuna grazie al particolarissimo profilo aromatico con le sue note floreali e fruttate che la rende davvero unica.
Se è vero che molte varietà presentano caratteristiche simili in tazza e sono scarsamente distinguibili se si analizza un campione di caffè verde o tostato, questa invece può essere considerata la classica eccezione alla regola, che conferma l’importanza, seppur non primaria, delle proprietà genetiche della pianta.
La sua qualità unita alla scarsa reperibilità ha spinto il suo prezzo fino a farla diventare la regina delle varietà botaniche di caffè.