Il caffè senza caffè

La cascara è la buccia essiccata del frutto del caffè da cui si ricava un infuso dalle noti floreali e fruttate. Ecco spiegato da dove deriva la cascara, come riconoscere una buona cascara e come prepare l’infuso.

È proprio vero del caffè non si butta via niente. Se facciamo una ricerca web digitando “Riutilizzo del caffè” il nostro motore di ricerca ci restituisce pagine e pagine di idee gustose per il recupero del caffè avanzato alla mattina e modi creativi di riciclo dei fondi di caffè a metà tra realtà e vecchi rimedi della nonna.

Ma sull’impiego alternativo della polpa che avvolge il chicco di caffè ancora ne sappiamo poco.

Sto parlando della cascara, la buccia essiccata della drupa del caffè che, se lasciata in infusione, restituisce una bevanda energizzante con sentori di floreali e fruttati, da gustare calda o fredda a seconda del gusto (e della temperatura esterna).

Ora rimani bene attento, perché ti spiegherò nel dettaglio da dove deriva la cascara, come riconoscere una buona cascara e come prepare l’infuso.

 

Nomen omen

Nonostante questa bevanda sia già conosciuta da tempo in america centrale e latina come Qiushir, la notizia della sua esistenza in questa fetta del mondo è arrivata solo pochi anni fa ed è dovuta per lo più alla salvadoregna leggenda del caffè Aida Battle. Nel bel mezzo di una sessione di cupping a cui stava partecipando venne distratta improvvisamente da un piacevole sentore di Ibisco nell’aria proveniente dall’infuso di cascara. Una volta assaggiata la bevanda cominciò lei stessa a lavorare il frutto del caffè in modo da commercializzare questo prodotto anche nel mondo occidentale.

Attenzione però perchè la parte utilizzata non è propriamente l’intero frutto: il nome “cáscara” significa in spagnolo letteralmente “buccia” ed è quella la parte che viene utilizzata dopo un’attenta lavorazione che ti spiegherò tra poco.

Dai diamanti non nasce niente…

…dagli scarti nascono i fiori. Parafrasando De Andrè: dagli utilizzi e riutilizzi degli scarti del caffè può nascere davvero qualcosa di interessante per i nostri palati.

Le bucce della drupa, quando non sono processate per essere utilizzate per la preparazione di questo infuso, rappresentano il residuo principale della produzione del caffè. Attualmente, non essendo apparentemente utile, viene scartato contribuendo ai processi di inquinamento ambientale. Viene persa così una grande opportunità di guadagno parallela per i coltivatori di caffè.

Vista la mole di questi scarti questa può essere considerata a tutti gli effetti una delle più grandi inefficienze della produzione di caffè.

Ancor più se quello che può nascere da questi scarti è qualcosa di incredibilmente buono, con eleganti note fiorite e di frutta rossa.

La bevanda che ne deriva è ricca di antiossidanti e con una modesta dose di caffeina, quel tanto che basta per dare uno sprint ai nostri pomeriggi di lavoro pur lasciandoci sonni tranquilli e sogni beati.

Tra drupa e caffè c’è di mezzo la cascara

Okay, ma come nasce questa bevanda energizzante naturale?

La cascara può essere suddivisa in due tipi a seconda del processo da cui deriva.

Dai caffè che vengono processati seguendo il metodo lavato o honey, la cascara sarà ottenuta dalla macchina spolpatrice e quindi fatta essiccare.

Dai caffè processati secondo il metodo naturale la cascara viene ottenuta dopo che l’intera drupa (semi interni compresi) viene fatta asciugare e quindi, a caffè pronto, rimossa dal chicco.

Dai due processi si otterrà una cascara leggermente diversa: nel primo caso i pezzi ottenuti saranno più grandi, dal secondo metodo si otterranno dei frammenti, la cosiddetta husk che comprende anche il pergamino (che può essere tolto in un momento secondario).

Valutazione sensoriale

Che la cascara sia ottenuta dal primo o secondo metodo è importante che non risultino materiali estranei e risulti asciutta al tatto, indice di una buona conservazione del prodotto. Alcuni preferiscono non ci siano frammenti di pergamino, che danno una maggiore amarezza alla tazza, ma questo dipende un po’ dal risultato che vuoi ottenere e quindi in ultima istanza dal tuo gusto.

Il colore della cascara è veramente importante perchè è un indicatore della maturazione della drupa. Più la drupa è matura, più sarà riuscita a sviluppare sostanze zuccherine, dando alla tazza una maggiore dolcezza e un gusto più intenso. La cascara in questo caso risulterà di un rosso scuro, vicino al nero se proveniente dal metodo lavato/honey, un po’ più chiara, di un marrone tendente al rosso-violaceo se proveniente dal metodo naturale.

Caratteristiche sensoriali

In via generale possiamo dire che la cascara proveniente dal metodo lavato/honey avrà una spiccata acidità e presenterà note che possono andare dal mandarino, all’anguria, all’uva.

Mentre quella ricavata dal metodo naturale presenterà una dolcezza maggiore ma minore acidità, morbida al palato e note vicino alla melassa, al cedro, alla vaniglia, ai frutti rossi.

Cascara cupping?

Non esiste un vero e proprio standard di assaggio della cascara, il migliore metodo in questo caso è preparare l’infuso e gustarlo come più ti piace: aggiungerai una maggiore quantità di cascara se vuoi ottenere una bevanda più concentrata, magari da diluire con altri liquidi per dare vita a drink fantasiosi. Se vuoi gustarla “in purezza” sia calda che fredda andrà abbassato il rapporto tra acqua e cascara.

Per cominciare puoi partire dalla ricetta di Alberto Polojac.

Procurati un po’ di cascara (scrivimi qui per sapere come ottenerla) e utilizza una ratio di 70 g di cascara per litro d’acqua; lascia in infusione per quattro minuti.

That’s it.

Può essere preparata con una French Press se ne hai una, oppure con una semplice teiera.

E poi sperimenta: mescola l’infuso con il Cold Brew per dare un maggiore sentore di frutta rossa e fiori alla bevanda, aggiungila alle tue bevande gassate.

Insomma, divertiti e facci sapere le tue ricette!

Buona cascara a tutti wink

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