L’acidità è una delle caratteristiche peculiari ma anche più controverse quando si parla di caffè. Ma cos’è un caffè acido? Il caffè fa male allo stomaco? L’acidità è una cosa positiva o negativa? Esiste un caffè non acido?
Con questo articolo risponderemo a tutte queste domande.
Ma prima di inoltrarci in questo specifico argomento, dovremo fare un salto nel tempo e tornare alle lezioni di chimica delle scuole superiori. L’acido di una soluzione a base di acqua viene misurato su una scala del pH che va da 0 a 14. Qualsiasi soluzione con un valore inferiore al 7 verrà definita acida; al contrario, se sopra al 7, allora sarà basica.

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In un intervallo compreso tra il 4.85 e 5.10, il grado di acidità del caffè non è poi così estremo: equivale più o meno a quello della birra ed è più basso rispetto ai succhi di frutta ed al vino. Rispondendo dunque alla seconda domanda, se il caffè faccia male allo stomaco, diremo che se le bevande appena citate non ti danno fastidio, è probabile che la tua acidità di stomaco non sia causata dal CAFFÈ.
Alcune ricerche hanno infatti dimostrato che il caffè non è la causa di problemi di salute quali bruciore di stomaco, reflusso gastrico, ecc. È però certamente consigliabile evitare TUTTE le bevande acide, nel caso in cui queste condizioni fossero già presenti.
L’acidità vista al microscopio
Ora però andiamo più nello specifico: l’acidità non è altro che il risultato della fermentazione che dà poi forma al profilo aromatico che ritroveremo nella tazzina di caffè. La componente acida infatti influenza il sapore e l’aroma e, per capire esattamente in quale modo, dovremo analizzare la sua composizione chimica.

Gli acidi organici che più spesso troveremo nel caffè sono i seguenti:
- acido malico: ha il tipico sapore delle mele verdi
- acido citrico: ricorda il sapore degli agrumi e si ritrova in chicchi arabica, coltivati solitamente ad alte quote
- acido acetico: viene creato durante il processo di tostatura, come l’acido lattico; se in piccole quantità ricorda note vinose e di frutta rossa, altrimenti può diventare sgradevole
- acido lattico: no, non è solo quello causato dall’affaticamento muscolare; negli alimenti non è altro che glucosio, che al momento della sua degradazione viene convertito in acido. In bocca crea una sensazione rotonda e cremosa
- acido fosforico: è l’unico non organico e viene sviluppato nelle piante che crescono su terreni vulcanici e quindi ricchi di zolfo; è un esaltatore di acidità e ricorda una sensazione effervescente
Esistono poi gli acidi clorogenici che rappresentano il bello ed il brutto di ogni chicco. Essi infatti sono dei potenti antiossidanti ma alcuni, durante la tostatura, si trasformano in acido chinico: questo non ha un gusto particolarmente buono e anzi, crea astringenza e acidità. Solitamente lo troviamo nei caffè con tostatura scura oppure in quelli raffermi, mantenuti caldi da una fonte di calore.
Abbiamo con ciò risposto alla domanda “esiste un caffè non acido?”. In effetti no: il caffè non sarebbe caffè senza acidità.
Ma da dove deriva l’acidità?
In realtà sono molti i fattori che influenzano la presenza, la quantità e il tipo di acidità che troviamo nei chicchi di caffè.
Il fattore più importante e che comprende in qualche modo tutti gli altri è sicuramente l’origine: ogni pianta di caffè nasce e cresce su un determinato terreno, ad una determinata altitudine, all’ombra o al sole. Tutto ciò influisce chiaramente sulla formazione più lenta o meno di acidi, zuccheri, in generale di sostanze organiche e di conseguenza di sapori. Le piante infatti che crescono più lentamente, hanno più tempo per sviluppare caratteristiche più complesse.
Qui un ruolo importante lo riveste anche il clima, nello specifico la temperatura in relazione con l’altitudine.

La varietà è anche significativa: per esempio, già di base il caffè Arabica ha un più basso contenuto di acidi clorogenici e di conseguenza diminuisce l’effetto di asprezza sul nostro palato.
Entrando ancora di più nello specifico, la varietà Arabica Bourbon con i suoi chicchi più piccoli, risulta essere più acida con sapori più complessi. Dall’altra parte troviamo l’Arabica Typica che presenta note più neutre e calde.
Un altro fattore è sicuramente anche il metodo di lavorazione: con quello “naturale”, che è anche il più antico, il frutto del caffè chiamato drupa viene fatto essiccare al sole per 3/5 settimane in modo appunto naturale. Il caldo del sole fa in modo che la ciliegia si asciughi ed arrivi ad un’umidità pari circa al 12%.
A questo punto la parte secca della ciliegia viene rimossa con delle macchine specifiche, chiamate decorticatrici. Dalla descrizione possiamo dedurre che con questo metodo, considerando che il chicco di caffè sta più a lungo a contatto con la sua polpa, l’acidità percepita viene bilanciata dalla dolcezza.

Con il metodo “lavato” invece, le drupe vengono inserite in vasche d’acqua e poi private della polpa grazie a dei macchinari specifici, detti spolpatrici. A questo punto, il chicco avvolto nel suo pergamino viene immerso in altre vasche per il processo di fermentazione, alla fine del quale la mucillagine rimasta verrà rimossa. I chicchi in pergamino verranno infine fatti asciugare al sole su letti rialzati o su un patio di cemento.
Questo metodo normalmente fa risaltare di più l’acidità naturalmente presente nel caffè, in quanto la componente zuccherina della polpa e della mucillagine viene “lavata via” in diverse fasi durante il processo.

Un altro fattore ancora che influisce sulla presenza dell’acidità è la tostatura, ma questa è un’altra storia, che leggeremo prossimamente su questo canale. Rimani sintonizzato per continuare a seguire la mappa dei sapori e degli aromi presenti nella tazzina.
To be continued…
Questo argomento e molti altri, vengono illustrati ai corsi Sensory e Brewing Skills.