Continuiamo a seguire la mappa dei sapori analizzando l’acidità del caffè dalla tostatura in poi.
Ebbene sì, è durante il processo della tostatura che i chicchi di caffè assumono il loro carattere, sapori ed aromi finali. Prima però di addentraci nei dettagli, voglio raccontarvi la storia della prima tostatura di caffè “involontaria”.
Il caffè fa parte della vita di tutti i giorni di tantissime persone da ormai più di 1000 anni. Esso ha origine in Etiopia, con il famoso pastore che notò che le sue capre diventarono superattive dopo aver mangiato i frutti del caffè. Egli decise allora di bruciarli tutti, perché ritenuti un’opera del demonio. Nel momento in cui li gettò nel fuoco però, assunsero un odore così curioso e gradevole che decise di spegnere il falò. Da qui deriva la prima tostatura involontaria di quella che sarebbe diventata una delle bevande più consumate al mondo.

In media la tostatura dei chicchi di caffè dura dagli 8 ai 25 minuti e durante questo processo viene strutturato il profilo organolettico e aromi, sapori ed acidi vengono esaltati o oscurati. Ciò che influenza l’esaltazione o meno è la temperatura e la durata e ciò che determina il sapore finale è il colore del chicco tostato.
La concentrazione di acido citrico, ad esempio, è del 1,3% nel caffè verde ed arriva a 0,6 – 0,8% nel caffè tostato. Gli acidi clorogenici si abbassano dall’8% al 3% in un caffè arabica. Ci sono però dall’altra parte alcuni acidi che vengono prodotti durante la tostatura: questi sono l’acido acetico, formico, glicolico e lattico (Godina A. & Polojac A. (2018). Caffè verde in un libro. Edizioni Medicea Firenze).
È per questo motivo di fondamentale importanza trovare un equilibrio tra tempistiche e temperatura, tenendo sempre in considerazione il tipo di chicco che abbiamo davanti. Un chicco più delicato, per esempio, dovrà essere tostato a temperature più basse. Ad ogni modo, per essere certi di aver trovato la formula giusta per bilanciare la formazione dei diversi acidi, è sempre consigliato fare cupping dopo ogni tostatura.
Anche la macinatura ha il suo ruolo
Hai sentito bene: anche la finezza della macinatura influenza il grado di acidità che poi ritroveremo nella tazza di caffè. Infatti se maciniamo i nostri chicchi troppo grossolanamente, ne può risultare un caffè acido, acquoso e sottoestratto. Questo perché, essendo la superficie a maglia più larga, l’acqua sta meno tempo in contatto con la polvere e la prima cosa che viene sciolta sono proprio gli acidi.
Dall’altra parte, se il caffè viene macinato troppo finemente, la superficie della polvere è molto compatta e l’acqua rimarrà troppo tempo in contatto con essa. Da questo ne può conseguire una sovraestrazione, in cui il caffè risulterà particolarmente amaro.

La dimensione della macinatura varia ovviamente a seconda del metodo di estrazione che si sceglie. Di base però, si può affermare che se vogliamo un caffè più acido, dovremmo macinarlo più grossolanamente e se invece lo desiderassimo più amaro, allora dovremmo prediligere una macinatura più fine. De gustibus non est disputandum!
L’estrazione come ultimo fattore
Dopo avervi accompagnato attraverso tutti gli step che hanno portato la drupa alla macinatura e dopo aver capito che tutti questi possono condizionare l’acidità del caffè, arriviamo all’estrazione: il momento in cui l’acqua entra in contatto con la polvere di caffè. Anche per questo ultimo fondamentale passaggio, dobbiamo seguire alcune regole per evitare di risaltare l’acidità nel nostro caffè. La prima cosa da sapere è che, come già anticipato precedentemente, gli acidi sono i primi elementi ad essere estratti, dopodiché troveremo note fruttate, in seguito dolcezza ed infine amarezza e astringenza.

Dunque partiamo da questo ultimo processo per tirare le somme: con una sottoestrazione avremo acidi organici con pochi elementi zuccherini necessari per un giusto bilanciamento. Un caffè sovraestratto invece, sarà estremamente amaro e astringente perché la dolcezza e l’acidità saranno state sovrastate. Non dimentichiamoci infine del nostro elemento principale: l’acqua. Se è troppo fredda, ovvero al di sotto dei 90°, c’è il rischio che venga estratta solo la parte acida. La temperatura ideale è infatti, secondo i parametri SCA, tra i 90° e i 96°.
Con ciò arriviamo alla conclusione di questa piccola rubrica: non è una regola che il caffè, in particolare quello speciality, sia SEMPRE acido. Per gustarlo appieno bisogna solamente studiarlo e curarlo. D’altronde, come diceva Abd el Kader, “come con arte va preparato, così con arte va bevuto”.